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martedì 25 febbraio 2014

Recensione: Haruki Murakami - Nel segno della pecora

Questo autore l'ho scoperto per caso, su consiglio di un amico. Edito dalla Einaudi pochi anni fa, era introvabile nell'edizione degli anni '90.




Nonostante il titolo particolare, è un libro che induce alla calma. Tutto succede senza grandi azioni.
Il protagonista dal nome sconosciuto è un pubblicitario che manda avanti la sua azienda assieme a un socio. Un giorno, risvegliato nella monotonia della sua vita, riceve una richiesta da uno strano individuo: deve trovare una pecora con una macchia a forma di stella sulla schiena.
Non è una pecora qualsiasi, questa è speciale.
Contemporaneamente la moglie lo lascia e lui si ritrova solo ad affrontare questa strana avventura, viaggiando attraverso l'Hokkaido assieme a una ragazza dalle orecchie bellissime e con strani poteri sensoriali.
E' un libro figlio del '68: l'inquietudine giovanile - capace di far crollare tutto con una spallata - la ricerca di una propria identità e il processo di americanizzazione del Giappone avvenuto dopo il secondo conflitto mondiale.
Murakami segna l'inizio di una nuova era per la letteratura nipponica, si lascia alle spalle il patriottismo dei libri di Yukio Mishima e abbraccia uno stile immerso nel realismo magico, nella volontà di cambiare il passato e adattarlo alle proprie nostalgie.
Chi sono io?
Eccola la domanda principale del libro. La ricerca di una nuova identità, di un nuovo percorso o di un senso della vita.
La pecora rappresenta la ricerca stessa, la strada oscura e sinistra oltre i limiti del paranormale. Il tutto scandito dai ritmi euforici della musica figlia di quel periodo: Rolling Stones, The Doors, Moody Blues.

In questo libro l'odio nei confronti della politica è più che evidente. Il Maestro, un uomo misterioso che ha costruito un impero sia politico sia mediatico proprio grazie alla pecora, rappresenta tutto ciò che di marcio può esistere nella politica. L'arrivismo, il potere, il totalitarismo. Temi cari all'autore e purtroppo sempre attuali.
Il tutto condito da un'atmosfera fiabesca e piena di solitudine. Non quella solitudine in grado di creare disagio. E' ricercata, quella del protagonista, forse abusata, come quando si ritrova solo, nella casa del suo amico - Il Sorcio - a meditare raccolto su se stesso, in mezzo alla natura, all'inverno e alla neve.
Come a constatare che una ricerca simile può aver luogo solo dentro di noi.

E' una simbologia chiara e un libro consigliato se si vuole imparare a leggere Murakami fra le righe.




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